FORMATORE DI ECCELLENZA

Claudio Colonnese

Stimolare la curiosità per accrescere l'apprendimento

 

Prof. Claudio Colonnese

Sapienza Università di Roma

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Spero di mettere a proprio agio i miei studenti, cercando di far capire loro che, avere un’infarinatura su una materia - a volte - non direttamente riguardante la loro formazione, li metterà in condizione di relazionarsi meglio con i colleghi e con i pazienti che incontreranno nella loro vita professionale

 

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    ForumECM intervista Claudio Colonnese, Professore nonché Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neuroradiologia del Dipartimento di Neurologia e Psichiatria della Sapienza, il più grande Dipartimento d’Europa tra quanti si occupano di mente e cervello, sia per numero di docenti che di studenti.
    Un lavoro complesso, il suo, che unisce la neurologia, materia vastissima e per certi aspetti ancora inesplorata, con le tecnologie sempre all’avanguardia della diagnostica per immagini.

     

    Due mondi apparentemente differenti ma allo stesso tempo inscindibili. Attività clinica, Ricerca e passione per l’insegnamento, fanno di Claudio Colonnese, un professionista a tutto tondo e un punto di riferimento per la stessa Comunità scientifica.
    Un formatore d’eccellenza che punta molto sui suoi studenti, soprattutto sulla loro curiosità e sulla loro “sete” di sapere. E lo fa cercando di avvicinarsi alle loro peculiari necessità, ragionando con loro attraverso un linguaggio il più semplice possibile.
    Tutto questo per innescare quello che lui definisce un “meccanismo interattivo” capace di portare lo studente all’interno del problema e di conseguenza in grado di dare efficacia al processo di apprendimento.

     

    Dopo la Laurea in Medicina e Chirurgia si è dedicato ad una tra le materie più affascinanti della Scienza Medica ovvero alla Neurologia. Ma non si è fermato. Dopo qualche anno ha deciso di specializzarsi ulteriormente in Radiologia, facendo della Neuroradiologia il lavoro della sua vita. Cosa l’ha spinta ad intraprendere questo percorso?

     

    Devo ammettere che durante il corso di studi mi aveva affascinato anche la radiologia. Appena iscritto alla specializzazione in neurologia ho avuto poi la possibilità di frequentare il reparto di Neuroradiologia e di operare sulla prima apparecchiatura di Tomografia Computerizzata arrivata a Roma.

     

    La sua vita lavorativa si divide tra attività clinica, attività di ricerca ed insegnamento. Come docente, quando entra in un'aula universitaria, quale è la cosa che vorrebbe trasmettere a chi ha davanti al di là delle conoscenze?

     

    La prima cosa è la curiosità per gli argomenti che si trattano. Stimolata la curiosità di uno studente si innesca un meccanismo interattivo che porta il ragazzo ad un nuovo percorso deduttivo, entrando nella logica della metodica.

     

    Oltre ad insegnare agli studenti di Medicina e Chirurgia dell’Università Sapienza di Roma, è docente della Scuola di Specializzazione in Neurologia nella stessa università e delle Scuole dirette a fini speciali per professioni sanitarie come quella in Fisioterapia. Platee diverse che richiedono al docente una preparazione a 360 gradi, contenuti sempre aggiornati e la capacità di volta in volta di sapersi calare nei panni e nelle reali necessità del discente. Guardandosi con gli occhi di un suo studente quale pensa siano le principali caratteristiche che le vengono riconosciute come formatore?

     

    Spero di mettere a proprio agio i miei studenti, cercando di far capire loro che, avere un’infarinatura su una materia - a volte - non direttamente riguardante la loro formazione, li metterà in condizione di entrare meglio in relazione con i colleghi e con i pazienti che incontreranno nella loro vita professionale.

     

    Come prepara le sue lezioni e oltre a stimolare la curiosità dei discenti, cosa ritiene sia imprescindibile per garantire efficacia al processo di apprendimento?

     

    Le rivedo e le modulo in base all’aula. Ritengo sia indispensabile catturare l’attenzione dei propri discenti. Io lo faccio con immagini particolarmente interessanti e d’effetto, cercando poi di trattare l’argomento della lezione - spesso complesso - con una terminologia per quanto possibile, semplice. Tutto questo per guidare lo studente a ragionare insieme. Il ragionamento guidato secondo me è fondamentale per garantire l’efficacia del processo di apprendimento.

     

    Considerata la sua esperienza come giudica il percorso universitario italiano e quali sono le maggiori differenze rispetto a quello di altri Paesi di cui ha avuto conoscenza diretta?

     

    Le nostre università, rispetto a quelle di altri Paesi, tendono a curare più la formazione teorica e forse poco quella pratica. Probabilmente per non mettere lo studente di fronte a responsabilità pratiche forse eccessive.

     

    Parlando invece delle responsabilità dei professionisti, come considera in generale l'aggiornamento in Italia ed il Programma nazionale di Educazione Continua in Medicina così come oggi pensato?

     

    Lo considero discretamente buono, anche se credo sia forse troppo lasciato all’iniziativa personale del professionista.

     

    La Medicina è una scienza in continua evoluzione. Questo vale soprattutto per la sua professione: la Neuroradiologia, disciplina che unisce la neurologia - materia vastissima e ancora poco conosciuta - con la diagnostica per immagini strettamente connessa all’evoluzione tecnologica. Come si tiene aggiornato? Quali sono gli strumenti che utilizza più frequentemente e perché?

     

    Molto attraverso lo scambio con i colleghi. La partecipazione come docente a molti eventi mi obbliga ad approfondire gli argomenti come radiologo ma anche come clinico. La ricca letteratura su internet cui accedo agevolmente dall’Università mi aiuta molto. Continuo poi comprando molti libri.

     

    Tra la Formazione a distanza, la formazione residenziale e quella sul campo, qual è secondo lei il modello formativo più valido per garantire un aggiornamento efficace?

     

    Sono tutti modelli validi. Rispetto all’aggiornamento a distanza, ovviamente il rapporto diretto, in aula o sul campo, consente una maggior interattività ma spesso può risultare un modello più complesso sia per chi organizza che per il professionista che deve partecipare.

     

    Di cosa avrebbe bisogno, secondo lei, il giovane professionista nel suo percorso formativo?

     

    Costante presenza di un punto di riferimento, anche a distanza con cui confrontare le proprie opinioni, con possibilità di inviare ad esempio immagini per un consulto.

     

    In base alla sua esperienza e soprattutto nel suo specifico settore, qual è la tematica sulla quale ritiene ci sia oggi maggiore necessità di formazione per il personale sanitario e perchè?

     

    Molta più informazione andrebbe fatta sulle precise indicazioni agli esami di Tomografia Computerizzata e di Risonanza Magnetica e alla eventuale periodicità dei controlli per limitare l’inappropriatezza delle richieste e la medicina difensiva.

     

    Oggi è considerato dalla stessa Comunità scientifica un punto di riferimento nel campo della Neuroradiologia. Probabilmente anche lei durante il suo percorso professionale avrà incontrato un “maestro”, una guida che ha influenzato, più o meno inconsapevolmente, il suo approccio alla professione e alla didattica. A chi riconosce questo ruolo?

     

    Indubbiamente al Prof. Luigi Bozzao, mio maestro da sempre di neuroradiologia e al Prof. Luigi Fantozzi quasi un fratello maggiore, una guida sia nella diagnostica che per quel poco di neuroradiologia interventistica che ho praticato. La neurologia l’ho amata per merito del Prof. Mario Manfredi mentre la neurochirurgia del Prof. Giampaolo Cantore.

     

    È autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste specializzate. Tra tutte qual è quella che si è rivelata più importante per la sua carriera e per quale motivo?

     

    Tra tutte, quella sull’iperintensità alla Tomografia Computerizzata dell’ arteria cerebrale media nello Stroke. La scuola alla quale appartengo è stata un pioniere nello studio di tale patologia.

     

    Quando oggi si parla di Ricerca, dovremmo intenderla in senso mondiale e non confinata ad uno specifico paese. Ma resta il fatto che le differenze permangono. Si parla sempre della fuga di cervelli all’estero e delle importanti criticità del fare Ricerca in Italia rispetto ad esempio agli Stati Uniti ed a molti paesi del nord Europa. In base alla sua esperienza e nel suo specifico settore può dirci com’è fare ricerca in Italia?

     

    Difficile, in quanto la crisi economica riduce l’aggiornamento tecnologico nelle strutture pubbliche. Per fortuna alcuni IRCCS sopperiscono a ciò. E poi il blocco del turnover, limitando la presenza dei giovani, riduce di conseguenza il livello di curiosità ed entusiasmo.

     

    Tra la sua intensa attività clinica, didattica e di ricerca, le rimane comunque del tempo libero per dedicarsi alle sue passioni?

     

    Non molto, ma quando posso, viaggio. Sono stato e vorrei tornare ad essere un camperista. I miei passatempi preferiti sono il cinema e la lettura. Mi interessa anche l’elettronica.

     

    dicembre 2013



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