Il colore rosa intenso della Ricerca
Quando insegno preparo
sempre in maniera
meticolosa lezioni o
letture. Niente è
casuale. So da prima
cosa voglio insegnare e
la presentazione tiene
conto del mio scopo
finale. Ritengo che un
docente debba sapere
con chiarezza il
programma
formativo
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In questo numero, ForumECM dedica la rubrica Formatori di Eccellenza a Maria Luisa Brandi, Professore Ordinario di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli studi di Firenze.
Lo fa perché, al di là di ogni facile retorica, la medicina italiana è piena di donne di talento spesso frenate nella loro carriera professionale o comunque non valorizzate per i propri meriti da strutture sanitarie ed universitarie che vedono sempre, a parte rari casi, al proprio vertice uomini.
Direttore dell’Unità Operativa di Malattie del Metabolismo Minerale e Osseo dell’Ospedale di Careggi, la Brandi è infatti oggi un punto di riferimento nel campo dell’osteoporosi per l’intera comunità scientifica.
Questa interessante intervista che ForumECM ha con piacere realizzato ci da un breve profilo di una professionista ed un formatore che, nonostante i risultati raggiunti, ha ancora voglia di imparare, crescere professionalmente e, soprattutto, trasferire ad altri quanto acquisito in termini di conoscenza. Ma anche di una donna ovviamente. Che emerge non per le considerazioni sulle oggettive difficoltà che ha personalmente trovato nel mondo professionale ma per quell’entusiasmo, intensità e passione che le donne mettono sempre in quello che fanno. Dal ricercare un fattore di crescita al “ballare sotto le stelle”.
Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia ha deciso di specializzarsi in Endocrinologia. Cosa l’ha spinta verso questa scelta?
La scelta della specializzazione in Endocrinologia rappresentava per me l'unica vera maniera di poter diventare un clinico ed uno scienziato. Al momento della scelta nessuno mi ha consigliato, l'istinto mi ha guidata. |
Il suo percorso professionale le ha visto fare diverse esperienze all’estero. In particolare al National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Disease di Bethesda, al William Harvey Research Institute di Londra e a New York, al Mount Sinai Medical Center. Realtà diverse di ricerca e di assistenza che presentano differenze rispetto all’Italia. Che ricordi ha di quel periodo e come considera, da docente e formatore, i metodi formativi di questi Paesi rispetto al nostro?
I National Institutes of Health sono una realtà unica al mondo. Il Campus è irriproducibile, discuti casi clinici complessi con i migliori, fai colazione con i Premi Nobel, hai accesso a tutto quanto è il sapere in Medicina. Cosa altro aggiungere? A Londra il progetto era ben definito ed il laboratorio ben equipaggiato. Ma quello che differenzia il mondo anglosassone dal nostro è il rispetto del merito, del valore e della cultura. Da noi il mondo accademico, di cui non posso dire di pregiarmi di far parte, spesso trascura e maltratta queste incredibili qualità. Cosa altro aggiungere? |
Oggi nel campo delle malattie metaboliche dell’osso e in particolare dell’osteoporosi è considerata un punto di riferimento a livello internazionale. Una brillante ma sicuramente faticosa carriera accademica e professionale. Per arrivare dov’è ora, immagino abbia dovuto superare molteplici ostacoli. Si considera un’eccezione nel panorama italiano o pensa che sia un luogo comune il fatto che le donne in quanto tali difficilmente o con maggior difficoltà raggiungono gli stessi livelli professionali degli uomini?
Ostacoli? Montagne apparentemente invalicabili! Che tristezza. A volte mi dicono che la mia storia sembra un film, troppo lunga da raccontare qui ed anche molto rattristante. Le assicuro che guardando indietro non riesco a gioire, ma ricordo sfortunatamente tutto. Non vorrei essere così presuntuosa da sentirmi un'eccezione, ma forse lo sono ed a volte penso che dovrei parlare di più del dolore sofferto, perché oggi potrei farlo da una posizione che non lascerebbe trasparire il desiderio di arrivare. Una donna che arriva da qualche parte nel mondo accademico, senza essere figlia o moglie di docenti universitari, è indubbiamente uno scalino al di sopra di molti colleghi maschi, anche se questo non le verrà mai riconosciuto! |
Dal 2003 è Revisore in tema di Educazione Continua in Medicina. In base alla sua esperienza cosa pensa in generale dell'aggiornamento dei professionisti sanitari in Italia?
Penso che un tentativo è stato fatto e che le cose vadano migliorando, anche se a volte leggere i crediti assegnati a certi eventi formativi mi fa essere dubbiosa sul sistema di giudizio, che non conosco. |
È Professore Ordinario in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo dell’Università degli studi di Firenze. Sulla base anche delle sue esperienze , da docente e formatore, qual’ è secondo lei la tipologia di evento formativo più efficace per formare ed aggiornare i professionisti sanitari?
Gli eventi più educativi sono quelli con un Focus. Sviluppare un modello tipo Gordon Conferences o Keystone Symposia potrebbe essere molto utile per insegnare. |
Considerata la sua esperienza anche come relatrice in numerosi congressi nazionali ed internazionali, cosa pensa sia fondamentale per migliorare l’aggiornamento professionale?
Ritengo sia importante sviluppare tematiche, non abbandonare l'insegnamento diretto e aumentare la partecipazione agli eventi. |
Nello scorso numero abbiamo intervistato il Prof. Lenzi, anche lui Endocrinologo. La vostra disciplina mostra un vasto campo di azione. Secondo il Prof. Lenzi c’è ancora necessità di formare il medico su tematiche quali la prevenzione in andrologia, la medicina della riproduzione e la sessualità. Nel suo specifico settore quali sono gli argomenti sui quali ritiene ci sia oggi maggiore necessità di formazione per il personale medico e sanitario?
Vede, l'area del metabolismo minerale non è insegnata. A Firenze abbiamo introdotto al quinto anno di Medicina un Bone Curriculum, che insegna il metabolismo minerale ed osseo ai nostri studenti. Non esiste una specialità dedicata ed in questa area, qualsiasi sia il mio interlocutore discente, l'interesse è sempre altissimo. Includo anche il Medico di Medicina Generale. |
Nell'attività formativa cosa ritiene sia imprescindibile per garantire efficacia al processo di apprendimento? E guardandosi con gli occhi di un suo studente o ricercatore, quale pensa siano le principali caratteristiche che le vengono riconosciute come formatore?
Quando insegno preparo sempre in maniera meticolosa lezioni o letture. Niente è casuale. So da prima cosa voglio insegnare e la presentazione tiene conto del mio scopo finale. Ritengo che un docente debba sapere con chiarezza il programma formativo. Quando al termine delle lezioni o delle letture ricevo complimenti e soprattutto ringraziamenti questo mi conforta nell’utilità dell'impegno. Insegnare non è un gioco da ragazzi! |
Oltre che di Formazione universitaria, lei si occupa anche di Formazione post specialistica. Tra le altre cose dal 2004 è Coordinatrice del Master Universitario di II livello “Malattie Metaboliche dell’osso: dal Gene alla Cura”. Nella sua disciplina quanto ritiene sia importante e sviluppata l’alta formazione ?
Per il metabolismo minerale ed osseo l'alta formazione è indispensabile: non abbiamo una specialità. Il nostro Master è stato il primo nel settore a livello internazionale, a cui ne sono seguiti altri. |
Una carriera professionale la sua ricca di pubblicazioni. È autrice di oltre 400 pubblicazioni su riviste internazionali. Parliamo, ad esempio, di New England Journal of Medicine, Journal of Bone and Mineral Research, American Journal of Human Genetics e Journal of Cell Biology. Il suo Impact Factor globale è superiore a 800. Tra i tanti lavori qual è quello che lei ritiene più importante e per quale motivo?
In realtà ad oggi su PubMed ho 480 pubblicazioni! Credo che il lavoro più importante sia stato quello pubblicato a primo nome in New England Journal of Medicine negli anni '80. Descrivevo il fattore di crescita MEN1 e questa scoperta avrebbe contribuito più tardi al riconoscimento del gene MEN1. |
È vincitrice di numerosi premi sia nazionali che internazionali. Ma qual è quello di cui va maggiormente fiera?
In realtà tutti, anche se un premio che riceverò in primavera li supererà tutti, ma la notizia è ancora in embargo e non posso dire di più. |
Leggendo il suo curriculum si
evince quanto sia stata e tuttora quanto
sia importante la Ricerca nel suo percorso
professionale. È Membro del Collegio
dei docenti del dottorato di Ricerca in
“Scienze Fisiologiche e
Nutrizionali” e dal ‘92 è
Responsabile di studi clinici sperimentali
nel settore delle malattie metaboliche
dell’osso presso l’Azienda
Ospedaliero-Universitaria Careggi di
Firenze.
Come vede oggi la Ricerca in Italia e quali
sono secondo lei le differenze rispetto
all’estero?
La Ricerca nel nostro Paese soffre di un lobbysmo eccessivo. Bisogna conoscere i giudici, i sistemi, insomma “chi conta” e questo ingesserebbe ogni genio! Questo è il problema più grave, ben peggiore della scarsità di fondi. Si immagini che un anno il mio progetto non fu supportato perché la mia produzione scientifica fu ritenuta insufficiente. Scrissi al Ministro dell'Università che si guardò bene dal rispondermi. Le avrei fatto vedere il Curriculum Vitae di quelli che furono finanziati! |
Lei ha disposto e dispone tuttora
di fondi pubblici nazionali per portare
avanti le sue linee di ricerca.
Parlare di Ricerca in un momento come
questo, penalizzato ulteriormente dalla
Spending Review, richiede una riflessione
sui mezzi attraverso i quali realizzarla.
Secondo lei l’attuale sistema di
finanziamento può garantire la
qualità del progresso scientifico? E
come giudica il ruolo dell'Industria nella
Ricerca e nella formazione
continua?
La mia ricerca è stata supportata per almeno l'ottanta percento da fondi privati. Questo è naturalmente indicativo del fatto che la distribuzione dei fondi pubblici non ha sempre tenuto conto del merito. Ma ci dice anche che, con intraprendenza, possiamo cercare altrove, senza per questo diventare "dipendenti" da sistemi privati. Credo che in un momento come questo sia necessario aguzzare l'ingegno e fare sistema anche con il privato, senza demonizzarlo ma coinvolgendolo in un programma di Paese. Non è impossibile. |
È Professore Ordinario in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo all’Università degli Studi di Firenze. Nella sua disciplina è diventata una guida non solo per la Comunità Scientifica ma anche per i suoi studenti. Nel suo percorso di studi e nella sua carriera professionale sicuramente avrà avuto uno o più maestri. Guardandosi indietro a chi riconosce questo ruolo e come ha influenzato il suo modo di insegnare?
L'unico maestro che merita
questo nome è stato il
mio Mentor Americano, Geald
Donald Aurbach, un uomo
straordinario che mi ha
fatto credere che "you can
make it!”. Gli devo
tutto. Non ho avuto maestri
a Firenze, ma devo
ammettere che si può
imparare dagli altri anche
quello che non si deve
fare… |
Oltre alle letture di interesse medico-scientifico, ha un genere ed un autore preferito e quale libro sta leggendo in questi giorni?
Mi piacciono molto le biografie e la storia. In questo periodo sto leggendo una stupenda biografia di Napoleone. Mi piace anche leggere i testi in lingua originale inglese o francese. Questo mi permette di arricchire il mio vocabolario. |
Ricerca, Didattica ed attività assistenziale: immagino le lascino poco spazio al tempo libero. Riesce comunque a ritagliare dei momenti da dedicare alle sue passioni? E se sì, quali sono?
Mens sana in corpore sano! Amo tutti gli sport. Riesco a praticare con costanza nuoto, spinning, tennis, sci e aerobica. Ho lasciato l'equitazione da alcuni anni e mi piacerebbe immensamente ballare. Ogni tanto penso che se mi invitassero alla trasmissione Ballando con le Stelle, ci andrei! |
06/03/2013