L'OPINIONE

Enrico Garaci

L’inevitabile binomio tra Formazione e Ricerca

 

 

Enrico Garaci

Istituto Superiore di Sanità

Sul bilanciamento tra contenimento delle spese e il diritto alla cura si giocano alcuni tra i valori più importanti della nostra democrazia: l’equità, la tutela della salute prevista anche dal nostro Ordinamento costituzionale e la tutela della dignità umana. Tuttavia i conti bisogna farli perché le risorse non sono infinite, ed è nell’appropriatezza del loro uso e non nel loro razionamento che sta la chiave per non rinunciare a un sistema solidaristico per la salute


Pensare ad una Medicina che ha al centro il paziente, per esempio, non è solo l’applicazione di un valore umano, ma è anche la creazione di un rapporto di fiducia con il sistema di cura, che evita molte delle dispersioni delle energie sia delle persone malate che dello stesso sistema

 

Sul piano della progettualità di una strategia pubblica significativa, poi, un investimento nella prevenzione, con lo sguardo rivolto a risultati, a medio e a lungo termine, significa un recupero di risorse che si traduce in un vantaggio per le generazioni future per le quali sta diventando a rischio l’intero sistema di welfare

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ForumECM intervista Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e figura tra le più rappresentative del mondo della Sanità italiana.

 

Alla guida dell’Istituto dal 2001 (Istituto che lascerà ad inizio anno a conclusione del suo terzo mandato), Garaci ha gestito in prima persona i profondi cambiamenti che l’ente di ricerca di maggior rilevanza in campo sanitario ha realizzato in termini organizzativi e gestionali nell’ultimo decennio.
Molti sono stati gli obiettivi non solo scientifici che in questi anni Garaci si è posto, come molti sono stati i risultati raggiunti.
Tra questi sicuramente l’aver contribuito a dare un maggior respiro internazionale all’Istituto. Obiettivo raggiunto mediante la sottoscrizione di importanti partnership e collaborazioni come quella che ha visto coinvolto l’NIH americano nell’ambito di un accordo quadro di cooperazione nella ricerca e nella formazione nel campo delle scienze biomediche e comportamentali tra l’Italia e gli USA.
Accordo dal quale sono “derivate azioni molto importanti che hanno fatto scaturire collaborazioni di altissimo contenuto professionale e di ricerca” come indica la relazione che ne ha tracciato i risultati fino ad oggi raggiunti.

 

Sotto la sua guida l’ISS ha aderito fina da subito al Programma nazionale ECM diventando Provider ed erogando formazione sia residenziale che a distanza. Al Sistema ECM Garaci riconosce indubbi meriti pur auspicando una maggiore attenzione nel “promuovere e verificare l’utilizzo di metodi e strumenti volti a misurare l’efficacia della formazione” obiettivo ultimo della formazione dei professionisti sanitari.

 

In questa intervista emergono alcune interessanti riflessioni che vanno al di là di quanto realizzato in questi anni dall’ISS. Riflessioni sul Servizio Sanitario Nazionale e sul necessario bilanciamento tra contenimento delle spese e diritto alla cura, sulla Medicina e sul suo futuro legato inevitabilmente, come da lui sottolineato, alla Ricerca biomedica, ma anche sui bisogni formativi e di aggiornamento dei giovani professionisti.

 

Riflessioni che assumono maggior rilevanza in quanto fatte da chi ha governato negli ultimi dieci anni il più importante organo di ricerca in campo sanitario del nostro Paese ma che è stato anche rettore dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata per quattro mandati, ed è professore e ricercatore dalla rilevante produzione scientifica nel campo della microbiologia.

 

 

 

 

Dal 2001 è Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. Mandato confermato in questi dieci anni (2003 e 2007 ndr) sotto diverse guide del Ministero della Salute e che vedrà la sua scadenza il prossimo marzo a conclusione dei due anni di proroga.

 

In questo decennio sono cambiate molte cose nel panorama della Ricerca biomedica e all’ISS sono state conferite nuove competenze sempre nel doppio binario della ricerca e dell’attività di valutazione e controllo sanitario. Guardandosi indietro quali sono gli obiettivi raggiunti e quelli che avrebbe voluto ma che non è stato possibile raggiungere?

 

 

Pur nelle difficoltà generali che attraversa il Paese, l’Istituto non ha mai smesso di compiere, in questi anni, le sue funzioni di tutela della salute e di supporto tecnico scientifico al Servizio Sanitario Nazionale.

 

Oggi è un Istituto profondamente rinnovato, pur nel rispetto delle sua tradizione, che è stata soprattutto devota al servizio della collettività.

 

Personalmente ho avuto l’onore di guidare la delicatissima fase della transizione che ha visto l’Istituto trasformarsi da Organo del Ministero della Sanità a Ente pubblico di Ricerca, dotato di autonomia scientifica e amministrativa.
Un passaggio complesso, in cui l’Istituto ha comunque conservato il suo ruolo di affiancamento al Ministero in molte delle emergenze sanitarie nazionali e di supporto a numerose strategie di sanità pubblica avviate negli ultimi tempi.

 

È difficile sintetizzare la lunga attività di questi anni dell’Istituto, il cui segno distintivo è stato sicuramente delineato da un forte impulso internazionale.
Proprio attraverso l’Istituto, l’Italia ha partecipato con un ruolo di coordinamento, alla realizzazione delle linee guida europee per le malattie rare. Sul fronte della lotta al cancro tra i più prestigiosi programmi di ricerca avviati ce n’è uno con i National Health Institutes americani, un progetto che promuove la ricerca sulla proteomica e i microRNA, una tra le frontiere terapeutiche più avanzate, che già da tempo produce importanti risultati. Sempre in questi anni abbiamo gestito un Programma di Ricerca Nazionale sulle Cellule staminali che ha prodotto circa 290 pubblicazioni e quasi duemila punti di Impact Factor. La ricerca biomedica è stata valorizzata tanto da realizzare, all’interno dell’Istituto, un laboratorio pubblico dedicato alla produzione di farmaci contro il cancro e con l’ausilio di questo laboratorio si stanno portando avanti alcune sperimentazione cliniche di vaccini antitumorali.

 

Inoltre la lotta all’AIDS ha visto molti filoni di ricerca tra i quali la sperimentazione del vaccino Tat contro l’HIV, che prosegue attualmente anche in Sudafrica e che ha già dato risultati soddisfacenti sul piano terapeutico.

 

Anche nel campo della sicurezza alimentare il nostro ruolo è stato riconosciuto a livello europeo e siamo, infatti, diventati Focal Point dell’European Food Safety Authority. Sul piano della sicurezza chimica l’Istituto è diventato sede per l’applicazione del Regolamento europeo sulle sostanze chimiche (REACH), tanto che è stato istituito un Centro nazionale sostanze chimiche che agisce da interfaccia con l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) e con la Commissione Europea, per supportare le autorità competenti nell’identificazione dei pericoli provenienti dai preparati chimici. Un impegno, quindi a tutto campo, che è proseguito e si è ampliato ed oggi è diventato di respiro internazionale.

 

 

Una presidenza la sua sicuramente lunga e significativa nei quasi ottanta anni di storia dell’Istituto Superiore di Sanità (istituito il 21 aprile 1934 con la denominazione di Istituto di Sanità Pubblica ndr).


Che Istituto lascia oggi al suo successore?

 

Un Istituto che ha raggiunto molte tappe e che ha superato molte sfide, alcune delle quali sono ancora aperte. Un Istituto che può ancora raccogliere sicuramente molti dei frutti seminati in questi anni, anche se questo certamente richiederà una fatica e una costanza vicina a quella che ci è voluta per la semina.

 

Il prossimo Presidente, come me, potrà però contare sia sulla squadra dei ricercatori dell’Istituto, che su tutto il suo personale, dotato di una passione per il proprio lavoro e di una fede per la natura pubblica della propria mission, un valore aggiunto non certamente indifferente per una costruzione futura che, come sicuramente annunciano i tempi, sarà complessa e difficile.

 

 

In una sua precedente intervista ha dichiarato che occorre un ripensamento profondo della Medicina e solo in questo modo si potranno cercare risposte alla crisi senza abbandonarsi alla deriva economicista. In quale direzione va realizzato questo ripensamento ovvero come coniugare in questo momento la necessità di garantire servizi sanitari omogenei e di qualità al cittadino con quella di contenere le risorse?


Questo è un tema che da anni, e soprattutto da quando le Regioni hanno avuto budget e autonomia di spesa, sta diventando sempre più pressante. Lo ha recentemente rilanciato il Presidente del Consiglio e sicuramente, visto il valore del tutto speciale che ha l’oggetto, anzi direi il soggetto “uomo”, a cui si rivolge il Servizio Sanitario Nazionale, ed in particolare all’uomo nella condizione di fragilità generata dalla malattia, non è certamente un tema che si può liquidare con una ricetta.

 

Sul bilanciamento tra contenimento delle spese e il diritto alla cura si giocano alcuni tra i valori più importanti della nostra democrazia: l’equità, la tutela della salute prevista anche dal nostro Ordinamento costituzionale e la tutela della dignità umana. Tuttavia i conti bisogna farli perché le risorse non sono infinite, ed è nell’appropriatezza del loro uso e non nel loro razionamento che sta la chiave per non rinunciare a un sistema solidaristico per la salute.

 

Pensare ad una Medicina che ha al centro il paziente, per esempio, non è solo l’applicazione di un valore umano, ma è anche la creazione di un rapporto di fiducia con il sistema di cura, che evita molte delle dispersioni delle energie sia delle persone malate che dello stesso sistema. Sul piano della progettualità di una strategia pubblica significativa, poi, un investimento nella prevenzione, con lo sguardo rivolto a risultati, a medio e a lungo termine, significa un recupero di risorse che si traduce in un vantaggio per le generazioni future per le quali sta diventando a rischio l’intero sistema di welfare.

 

 

La Ricerca ha sempre occupato un posto fondamentale nel suo percorso professionale.


Una corposa attività scientifica, con oltre 200 pubblicazioni su riviste di carattere internazionale, è stata accompagnata da un’attiva partecipazione a livello istituzionale e scientifico, in veste di Presidente o Membro, ai più importanti comitati e commissioni operanti nel settore della ricerca biomedica. Si è da poco tenuta la terza Conferenza Nazionale sulla Ricerca Sanitaria che ha visto la presentazione del Bando Ricerca finalizzata 2011/12.
Quali sono secondo lei i principali problemi che oggi deve affrontare la Ricerca biomedica italiana considerata la “competizione” alla quale è chiamata a livello internazionale?


La Ricerca biomedica italiana, seppure vincente sul piano delle pubblicazioni e degli indici di impact factor raggiunti, soffre di alcuni mali ormai cronici. Il primo è sicuramente l’età media dei ricercatori che nel nostro Paese è pari a cinquant’anni: questo dato, da solo, indica il bisogno di investimento nelle nuove generazioni. Questo significa investimento in massa critica, in creatività, e più semplicemente nel futuro.

 

Futuro e Ricerca sono sicuramente un binomio indissolubile, anche nel senso più specifico del futuro della Ricerca. Le ricerche spesso si arenano sulla carta, soffrono cioè della mancanza di attuazione del loro trasferimento tecnologico e attualmente in Italia non ci sono politiche, come ad esempio in Francia o in Germania, che incentivino questa operazione. Le ricerche non producono brevetti, mancano del loro futuro. Grazie a una legge di qualche anno fa, la prima che va davvero in questa direzione, si è riusciti a fare in modo che il ricercatore, anche pubblico, possa entrare a partecipare al brevetto della sua scoperta. In Istituto, in questi anni, siamo passati da zero a oltre cento brevetti. È già molto, ma non è abbastanza. È necessaria una politica articolata che promuova la conoscenza e la faccia diventare fruibile attraverso meccanismi che sostengano economicamente le fasi di sperimentazione delle scoperte. La pubblicazione, da sola, nel contesto internazionale non basta a competere realmente. Può servire ad aumentare il citation index di ciascun ricercatore, a riconoscere la stoffa dei cervelli italiani, ma non serve al sistema Paese, non sostiene la crescita di tutti, non è capace di trasformarsi veramente in un valore socio-economico e di produrre quell’innovazione che ci rende competitivi.

 

 

L'Istituto progetta, sviluppa ed organizza attività di formazione e di aggiornamento in ambito sanitario cercando di rispondere alle diverse esigenze del Servizio Sanitario Nazionale.


Oggi l’Istituto può vantare una pluriennale esperienza fatta di eventi formativi, corsi di alta formazione e convegni sulle tematiche di frontiera nella ricerca biomedica.
Quali sono gli indirizzi di sviluppo dell’offerta formativa dell’ISS alla luce anche dei nuovi bisogni formativi che esprimono i diversi professionisti sanitari?


L’ISS, come è noto, rappresenta l’organo di riferimento tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale e organizza eventi e percorsi di formazione per l’aggiornamento del personale del SSN e di altri enti e organizzazioni per la tutela e la promozione della salute.

 

L’offerta formativa viene costruita sulla base della collaborazione continuativa che questo Istituto intrattiene con le strutture del SSN, con il Ministero della Salute e con l’Agenas. Con lo scopo di affinare questo processo di analisi di fabbisogno formativo sulle tematiche di salute pubblica, questo Istituto sta conducendo un progetto di ricerca finanziato dal Ministero della Salute, per definire in maggior dettaglio, in collaborazione con le Regioni e le Provincie autonome, la propria offerta formativa, condividendo le metodologie di formazione dell’adulto ritenute maggiormente efficaci ed identificando potenziali percorsi formativi di alta qualità da promuovere in collaborazione con le stesse. Il progetto promuove l’istituzione di un forum presso l’ISS ove questi processi di scambio e condivisione possano, a progetto finito, assumere un carattere permanente. Le recenti disposizioni legislative relative al SSN genereranno nuovi bisogni formativi ai quali l’ISS sarà in grado di portare il proprio contributo nelle tematiche di competenza e in condivisione con i principali attori del SSN.
L’ISS, inoltre, grazie alle relazioni internazionali che intrattiene, potrà diffondere queste esperienze di formazione in salute pubblica anche in altri Paesi, con particolare riguardo alla zona del Mediterraneo, l’area balcanica e dell’est europeo.

 

 

La recente Conferenza Nazionale sull’Educazione Continua in Medicina ha avuto la Qualità come leitmotiv dell’evento. Come ogni anno la Conferenza è stata per la Commissione l’occasione per analizzare lo stato dell’arte e tracciare le linee di sviluppo del Programma Nazionale di Educazione Continua in Medicina. Un Programma che compie quest’anno dieci anni e che è oggi entrato nella sua fase di consolidamento, pur presentando ancora delle oggettive difficoltà di implementazione, dovute alla sua intrinseca complessità e alla numerosità di soggetti che coinvolge.


Quali pensa siano i meriti del Sistema ECM italiano ed i suoi punti di criticità?


L’ISS ha aderito al progetto ECM sin dal suo inizio ed è attualmente riconosciuto come Provider per l’erogazione di eventi accreditati sia in forma residenziale che in FAD.

 

Sicuramente all’ECM deve essere riconosciuto il merito di aver promosso buone pratiche di formazione presso tutte quelle organizzazioni private e pubbliche che offrono occasioni di aggiornamento per i professionisti della sanità. A titolo esemplificativo è utile ricordare come agli eventi che utilizzino didattica ad alta interazione secondo i principi della didattica efficace per l’adulto, o andragogia, vengano assegnati un numero maggiore di crediti.

 

Un altro aspetto che ha portato ordine al Sistema è la promozione presso i Provider dell’adozione di un sistema di gestione della qualità secondo le apposite norme internazionali.

 

Come spunti di riflessione per un miglioramento del Sistema si può proporre una maggiore attenzione nel promuovere e verificare l’utilizzo di metodi e strumenti volti a misurare l’efficacia della formazione che, ricordiamolo, rappresenta il fine dell’azione formativa.

 

Contestualmente sarebbe auspicabile semplificare le procedure a carico del Provider in sede di richiesta di accreditamento e variazioni in itinere, confidando in un efficace sistema di audit a campione in grado di mantenere l’adesione alle regole ECM.

 

 

Sin dalla nascita del Programma Nazionale di Educazione Continua in Medicina l’Istituto Superiore di Sanità ha scelto di parteciparvi attivamente in qualità di Provider. Nello specifico oggi l’Istituto è impegnato nello sviluppare metodologie di formazione a distanza come il corso sulla tutela della salute nelle attività sportive e la prevenzione del doping. Una metodologia che presenta indubbi vantaggi nei costi ma che di contro fa perdere il contatto tra docente e discente. Anche sulla base della esperienza di docente pensa che la FAD possa essere un efficace strumento di aggiornamento per i professionisti sanitari?


Questo Istituto ha iniziato a condurre esperimenti di formazione a distanza online nell’ormai lontano 2003. Ha inoltre sviluppato una considerevole esperienza su varie tipologie di FAD a bassa, media e alta interazione.

 

In particolare la FAD ad alta interazione, con l’utilizzo dell’aula virtuale, organizzata in gruppi di sei partecipanti che lavorano sotto la guida di un tutor in sessioni di circa due ore rimanendo a casa propria o sul posto di lavoro, alternata a fasi di formazione residenziale e sul campo, rappresenta un impianto metodologico estremamente valido in quanto concilia i vantaggi della FAD e l’efficacia della formazione residenziale ad alta interattività. Questo approccio, sviluppato e già utilizzato dall’ISS, è utile in percorsi con complessi obiettivi didattici quali per esempio quelli relativi al management dei servizi sanitari.

 

Il corso per la prevenzione del doping rappresenta, invece, un ottimo esempio di approccio a bassa interazione, completamente online, grazie al quale duemila Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta, possono acquisire le conoscenze di base su queste tematiche utili a migliorare le competenze che mettono a disposizione dei propri assistiti.

 

In conclusione la tecnologia di Formazione a Distanza deve essere scelta anche in base alla tipologia di obiettivi formativi che si intendono raggiungere e al numero di partecipanti coinvolti.

 

 

L'Istituto Superiore di Sanità coniuga per sua mission l'attività di ricerca a quella di consulenza, formazione e controllo applicate alla tutela della salute pubblica. Questo anche perché soprattutto in ambito sanitario Ricerca e Formazione sono due attività strettamente correlate. Ma chi ricerca va necessariamente formato a farlo in modo efficace, soprattutto quando le risorse sono limitate e la competizione elevata. Pensa che l’Università formi sufficientemente e correttamente i giovani medici all’attività di sperimentazione o ne stimoli solo l’interesse verso la ricerca lasciando alla predisposizione personale il resto?


La formazione dei ricercatori viene svolta in vario grado e con approcci diversi nelle nostre università. Per quanto concerne il supporto che questo Istituto fornisce agli studenti dei corsi di laurea, ricordiamo gli strumenti dello stage e del tirocinio, che opportunamente concordati con l’università di appartenenza, offrono allo studente l’occasione di una full immersion sulla tematica che intende approfondire nel contesto di un Istituto di ricerca. Sono numerosi gli studenti che ogni anno decidono di utilizzare queste opportunità presso il nostro Istituto.

 

Nei percorsi di alta specializzazione offerti dall’ISS, per esempio nella tematica del management sanitario, è stato sempre dedicato ampio spazio a promuovere lo sviluppo delle competenze del discente nel condurre attività di ricerca sul funzionamento dei servizi. Parliamo della cosiddetta Health System Research: in un anno di durata del percorso del Master internazionale di management sanitario dell’ISS, ben sei mesi erano completamente dedicati a una ricerca sui servizi condotta sul campo.

 

 

 



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